Appunti sul Vimalakirti Nirdesa sutra

Questo Sutra scritto in un linguaggio semplice e piano, “speziato di analogie ed esempi” come lo definisce Dumoulin, deriva la sua enorme importanza principalmente da due fattori: innanzitutto dal fatto di essere stato pronunciato da un laico (Upasaka) dotato di poteri trascendenti “che non possono essere ottenuti da tutti gli Shravaka e Pratekyabuddha che usino i propri poteri spirituali per centinaia di migliaia di eoni” ed inoltre per il fatto di essere stato non solo uno dei Sutra più popolari del buddhismo cinese ma anche uno di quei tre sutra che introdussero non solo il buddhismo ma anche la scrittura in Giappone nel VI sec. d.C.

Inoltre Vimalakirti è uno dei protagonisti principali degli affreschi di Yun Kang e Long Men (IV sec.) che rappresentano uno dei primi esempi di iconografia buddhista in Cina. Egli è rappresentato mentre spiega la pietà filiale (uno dei concetti cardine dell’etica dei letterati) ai principi, il che esemplifica l’importante ruolo di mediazione tra ideali buddhisti e confuciani reso possibile da questo personaggio

Dal punto di vista linguistico il Vimalakirti Nirdesa sutra è un materiale prezioso per studiare l’evolversi delle tecniche di traduzione del canone in Cina (E’ soprattutto grazie a queste traduzioni e a quelle tibetane che la maggior parte degli scritti buddhisti ha raggiunto la nostra epoca). Infatti questo sutra ha attraversato le tre fasi più importanti del processo di assimilazione: tradotto per la prima volta dal laico Zhi Jian nel terzo secolo d.C. venne ripreso dal grande traduttore Kumarajiva nel 401 e tradotto nuovamente da Xuan Zang nella metà del VII sec. Inoltre Vimalakirti, insieme a Moggalana, è il personaggio preferito dei Bian Wen, ossia quegli episodi, tratti da sutra, ampliati ed illustrati in maniera suggestiva in modo da attirare l’attenzione del popolo, che rappresentano il primo esempio di lingua vernacolare in Cina ed anche una prima forma di teatro.

Non è un caso che il Vimalakirti Nirdesa sutra sia ambientato a Vaisali, dove nel 377 a.C., durante il secondo concilio buddhista, tutte le possibilità erano aperte per la codificazione della dottrina, tanto che cominciò a delinearsi quello scisma, resosi definitivo nel concilio successivo a Pataliputra (244 a.C.) tra Stahavira e Mahasanghika, ossia la formazione di quelle due correnti principali del buddhismo meglio note come Mahayana ed Hinayana. Questo sutra ha una posizione troppo decisamente Mahayana per poter essere datato prima di Pataliputra, ma è sicuramente antecedente alle speculazioni scolastiche del buddhismo successivo dato che Nagarjuna lo cita già con entusiasmo come un sutra già famoso. L’entusiasmo di Nagarjuna è comprensibile dato che Vimalakirti espone, seppure in forma discorsiva, tutti gli elementi base della speculazione Madhyamika- la scuola del ‘giusto mezzo’- di cui Nagarjuna è considerato padre fondatore. Riassumendo, gli elementi speculativi di particolare rilievo che appaiono nel sutra sono: 1- identità tra Samsara e Nirvana 2- Concetto di doppia verità 3- Differenziazione dell’esposizione della dottrina in base alle capacità dell’ascoltatore e quindi necessità di utilizzare tutta una serie di artifici didattici o ‘trucchi'(Upaya) che vanno dal dispiegamento di poteri magici al silenzio (il famoso ‘silenzio tonante’ di Vimalakirti) 5- Differenza tra la saggezza-coscienza (Prajna) e la conoscenza, 6.Riconoscimento della vacuità come unica forma del reale 7.Laicità e libertà dalle convenzioni: l’insegnamento di Vimalakirti è “Al di fuori della dottrina, indipendente dalla tradizione, non fondato su parole o lettere”.

Vimalakirti, che abita a Vaisali, possiede un potere illimitato della parola ed è un maestro eccezionale per chiunque, grazie alla sua abilità di trovare di volta in volta l’Upaya (‘trucco’) più adatto al caso. Egli si finge malato per avere occasione così di insegnare la dottrina a tutti coloro che venivano ad informarsi della sua salute. In un parco poco lontano il Buddha siede in assemblea con discepoli, Bodhisattva,Shravaka,Pratekyabuddha, demoni, governatori dei vari paradisi, draghi, spiriti, figli di buone famiglie ed altri esseri in numero incalcolabile. Intuendo lo stratagemma di Vimalakirti invita alcuni tra i più prestigiosi personaggi presenti ad andare ad informarsi della sua salute. L’uno dopo l’altro questi rifiutano, adducendo a motivo un episodio in cui la saggezza e l’eloquenza di Vimalakirti li avevano lasciati in grave imbarazzo, provocando contemporaneamente illuminazioni in gran numero. Per citare i più famosi: Sariputra rifiuta ricordando quella volta che era seduto in meditazione e che Vimalakirti arrivò per spiegargli che la meditazione non consiste nello stare seduti ma è uno stato della mente da mantenere in qualsiasi situazione. Mahakasyapa dovette apprendere da Vimalakirti come elemosinare il cibo senza fare discriminazione alcuna e come pervenire alla liberazione senza trattenersi dal percorrere sentieri eterodossi. Si comprende qui come l’amoralità e la laicità del buddhismo di Vimalakirti non siano altro che un’estensione della non discriminazione, così come non si deve discriminare tra poveri e ricchi elemosinando il cibo, così non si deve discriminare tra cose contrarie e conformi al Dharma (legge universale o dottrina). Subhuti ricorda che a questo proposito Vimalakirti arrivò a dirgli: “Se consideri i demoni tuoi compagni, senza differenziare tra loro, come pure le altre forme di contaminazione, se sei insoddisfatto di tutti gli esseri viventi, diffami il Buddha, trasgredisci il Dharma,non raggiungi il santo ordine e manchi di conquistare la liberazione, allora puoi portare via questo cibo che hai elemosinato e consumarlo”. Egli rimase talmente attonito da questo discorso che abbandonò la ciotola e fece per andarsene, al che il sorridente Vimalakirti lo fermò dicendo: “Subhuti, prendi la ciotola senza timore, sei forse spaventato quando il Tathagata fa sì che un uomo illusorio ti ponga delle domande?”. Il linguaggio non è che un Upaya come un altro, ogni discorso è ” un discorso irreale pronunciato da un uomo irreale su qualcosa di irreale”. Dal punto di vista di colui che non ha raggiunto l’illuminazione l’illusione è realtà, dal punto di vista degli illuminati, invece, la realtà è non duale, non possono quindi esistere un Samsara o un Nirvana distinti tra di loro. Il punto di vista inferiore e quello superiore non sono però due poli distinti, e la verità non è il punto mediano tra i due. Essi coesistono nei diversi gradi di interpretazione della realtà. Questa potrebbe essere un’esemplificazione riduttiva del concetto di doppia verità, che è all’opposto del principio di non contraddizione: si possono considerare le cose da due punti di vista le cui conclusioni, spesso opposte, non si eliminano a vicenda. Da qui l’amoralità dell’illuminato e la necessità di una via morale per pervenire all’illuminazione. Quando Vimalakirti sorprese Upali che stava insegnando a due discepoli, pieni di rimorso per un infrazione commessa, le regole del pentimento,egli lo invitò a spiegar loro piuttosto la natura illusoria del peccato; i discepoli si liberarono così dal dubbio e… dal pentimento. Maitreya fu invece colto in flagrante da Vimalakirti mentre nel suo paradiso Tushita spiegava l’evoluzione del Bodhisattva verso la buddhità. A lui Vimalakirti ricorda le parole del Buddha “o Bhikshu, voi nascete invecchiate e morite in questo stesso istante”. Non esiste dualità tra pratica ed illuminazione, non c’è differenza tra il cammino e la meta, dal momento che il tempo è illusorio come si potrebbe divenire qualcosa che non si è già? Il fatto che tutti gli esseri potranno essere dei Buddha in futuro vuol dire che lo sono già ora. Dopo una lunghissima serie di rifiuti condita da deliziosi aneddoti, finalmente Manjusri accetta di recarsi a visitare l’infermo. Tutti i partecipanti all’assemblea lo seguono pregustando il goloso dialogo tra i due (Manjusri è considerato il bodhisattva della saggezza) ed in effetti il loro incontro è una danza di parole tra giganti d’eloquenza che non parlano realmente tra di loro ma a beneficio dei numerosi accorsi. Tra questi Sariputra, che è un po’ il San Tommaso tra i discepoli, è quello che riceve più lezioni,non solo da Viamalakirti ma anche da una Dea, venuta a far piovere fiori su tutti i presenti. Su alcuni i fiori rimangono attaccati e Sariputra cerca di scrollarseli di dosso perché i fiori “non sono nello stato di quiddità”. La Dea non manca di fargli notare che è solo lui a dare origine alla differenziazione. Sariputra cerca di controbattere ma viene messo in difficoltà dalla Dea sull’argomento tempo e tenta di tagliar corto dicendo “colui che ha conquistato la liberazione non la esprime a parole, quindi non so cosa dire”. Questo concetto però egli lo esprime suo malgrado attraverso le parole. E’ questa un occasione per ribadire ulteriormente il concetto di Upaya, forse l’argomento centrale del Sutra; il linguaggio è un mezzo come un altro per pervenire alla comprensione e qualsiasi mezzo è lecito. Sariputra obbietta che allora non c’è necessità di astenersi da lussuria odio ed ottusità e la Dea gli risponde ” Alla presenza di coloro che sono orgogliosi (della loro conoscenza superiore) il Buddha disse che nella ricerca della liberazione è importante astenersi dalla lussuria, dall’odio e dall’ottusità; ma dove essi erano assenti disse che la natura sottostante della lussuria dell’odio e dell’ottusità è identica a quella della liberazione”. Ed ecco quindi ribadita l’equazione Samsara= Nirvana, la necessità di superare i dogmatismi ed affidarsi alla naturalezza ed alla spontaneità. Molti altri splendidi capitoli e spunti di riflessione offre questo sutra che merita davvero di essere letto. Emergono anche riferimenti al Tibet ed al tantrismo. Vorremmo concludere con la risposta di Vimalakirti alla domanda postagli dal Buddha stesso sul corretto modo di vedere un Buddha; questo è per Vimalakirti “vedere la realtà nel proprio corpo.

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