Evoluzione contemporanea del concetto di Qi: Tecniche antiche verso il futuro

Introduzione

Il concetto di Qi è un’idea fondamentale dell’antica cosmogonia e della Medicina Tradizionale Cinese (MTC), sulla quale molto è stato scritto negli ultimi venticinque secoli. In ambito fisiologico esso occupa un ruolo assimilabile a quello del Prana nella medicina tradizionale indiana e tibetana e parzialmente a quello del Pneuma della Scuola Alessandrina; in ambito cosmologico è stato messo a confronto con il Ruach dell’antica tradizione ebraica; nella cultura popolare esso è assimilabile al Mana dei polinesiani e numerosi altri paralleli, certamente inadeguati, si potrebbero tracciare per definirne il ruolo nell’ambito dell’etica, della fisica e delle scienze naturali in generale.

L’importanza odierna di questo concetto non attiene semplicemente al suo ruolo centrale nella medicina tradizionale, nelle pratiche di autoelevazione e nelle arti marziali, quanto al fatto di essere stato sottoposto a verifica empirica – seppure quasi esclusivamente nella R.P.C. – secondo il metodo scientifico internazionale e d’essere quindi diventato un’idea centrale nel confronto fra le discipline tradizionali e la scienza contemporanea, o addirittura – come alcuni sostengono – l’ideale filo conduttore fra la sapienza antica ed il nuovo paradigma della scienza futura.

I diversi significati del termine Qi possono essere classificati in tre ambiti principali:

  • Qi Macrocosmico: distinto in Qi originario (Yuanqi) e Qi manifesto, quest’ultimo inerente gli scambi fra Qi del cielo (influssi climatici, astrali e del tempo in generale) e Qi della terra (sapori, colori, odori e più in generale qualità relative alla configurazione strutturale e/o spaziale.)
  • Qi Fisiologico: termine generale per ogni aspetto dell’attività vitale, spesso tripartito in Jing (essenza o sistema strutturante) Qi (energia o sistema attivante) Shen (spirito o sistema informativo). Essendo gli esseri viventi sistemi aperti esistono diversi flussi di Qi (materia-energia-informazione) fra Qi Macrocosmico e Qi Fisiologico.
  • Qi inteso come differenziazione qualitativa del Qi globale; tanto come proprietà caratteristiche di generi e specie, quanto come peculiarità individuali al loro interno.

Il Qi macrocosmico

L’uno: Yuanqi e Dao

Per cominciare ad introdurre il concetto di Qi originario lasciamo la parola ai più antichi filosofi taoisti; i brani che seguono sono tratti da fonti databili fra il VI ed il III sec. a.C.

Con ‘non-essere’ (Wu) si definisce l’origine di cielo e terra, con ‘essere’ (You) la madre di tutte le cose; Entrambi sgorgano dalla stessa fonte e si differenziano per nome; la loro fonte comune è l’oscuro mistero (Xuan) [1].

Tutte le cose hanno origine dall’essere (You), l’essere ha origine dal non-essere (Wu) [2].

L’essere (You) e il non-essere (Wu) si generano a vicenda [3].

Il Dao ha dato origine all’uno, l’uno al due il due al tre, il tre a tutte le cose. Il vuoto Qi è ciò per cui si armonizzano [4].

Il cielo e la terra sono ciò che di più grande vi è nella forma, lo Yin e lo Yang ciò che di più grande vi è nel Qi. Il Dao tutti li compenetra [5].

Uno Yin, uno Yang ecco ciò che si dice Dao [6].

Perciò ciò che è sopra il prendere forma viene detto Dao, ciò che è sotto il prendere forma è definito come ‘gli strumenti’. È possibile pertanto sia determinare come le cose si trasformano, sia comprendere come si deve rispondere a tali mutamenti [7].

Ciò che ha forma nasce da ciò che non ha forma; allora da dove provengono il cielo e la terra? E’ stato detto: ci furono la Macro Mutazione (Tai Yi); il Macro Primordio (Tai Chu); il Macro Inizio (Tai Shi); il Macro Elemento-base (Tai Su). Nella Macro Mutazione il Qi non è visibile; il Macro Primordio è l’inizio del Qi; il Macro Inizio corrisponde all’inizio della forma; il Macro Elemento-base all’inizio della sostanza. […] Se si guarda non si vede, se si ascolta non si ode, se si segue non si raggiunge. Perciò gli fu dato il nome di ‘mutazione’’[8].

Queste citazioni sintetizzano alcune idee portanti dell’ontologia cinese:

Il Dao (Legge universale) ha due aspetti: uno detto Wu, “origine di cielo e terra” (che per comodità tradurremo Dao Matrix), l’altro detto You “madre di tutte le cose” (d’ora in avanti Dao Natura Naturans).

La dimensione Wu è quindi diversa dal nulla poiché racchiude l’origine ultima dell’esistenza. E’ la dimensione del ‘non essere’ inteso come ‘non essere manifesto’.

Dao Matrix e Dao Natura Naturans sono due aspetti di un principio supremo, indefinibile ed inintelligibile (Xuan). Anche il Dao Matrix, in quanto non manifesto, non è direttamente discernibile; tuttavia se ne può conoscere ciò che si riflette nel mondo naturale.

L’ontologia prevede un passaggio dalla dimensione Wu alla dimensione You; in altri termini ogni fenomeno manifesto ha un’origine non manifesta. Tuttavia queste dimensioni non sono mutuamente esclusive poiché ‘essere’ e ‘non-essere’ si generano a vicenda. Ogni fenomeno procede quindi dal Dao Matrix al Dao Natura-Naturans e al Dao Matrix fa ritorno.

Gli scambi fra cielo e terra avvengono sotto forma di Qi; Il Qi è espressione della relazione fra Yin e Yang, fra cielo e terra il Dao la sua legge o norma d’interscambio.

Le diverse fasi delineate nel Liezi, uno dei classici del primo taoismo, scandiscono i passaggi dal non-manifesto al manifesto. La “Macro-mutazione” Tai Yicorrisponde ai principi dello Yin-Yang prima che essi possano manifestarsi attraverso la loro relazione (Qi). Nel carattere di Yi (mutazione) sono rappresentati i pittogrammi di sole e luna, emblemi alternativi a cielo e terra per indicare Yang e Yin. In termini moderni potremmo affermare che il Qi è il flusso di energia generato dal gradiente di questa proto scissione bipolare mentre nella dimensione Wu esiste l’informazione (unitaria) relativa alla polarizzazione e alle modalità (Dao) del continuo alternarsi dei poli.

Attorno al III-II sec. a.C. il concetto di “Qi originario” o “Qi primordiale” (Yuanqi) comincia a sovrapporsi a quello di Dao (Matrix); lo Heguanzi sembra essere il primo testo a parlare esplicitamente dello Yuanqi come “origine del cielo e della terra”:

Perciò il cielo e la terra hanno origine dal Qi primordiale (Yuanqi), tutte le cose sono governate da cielo e terra [9].

Lo Yuanqi viene successivamente definito come “Qi anteriore al cielo” (Xiantian zhi Qi) detto anche “Qi del cielo anteriore” per distinguerlo dal Qi comunemente inteso (Qi del cielo posteriore Houtian zhi Qi).All’interno delle pratiche di alchimia interna, mille anni dopo, questi due tipi di Qi vengono differenziati anche graficamente; all’odierno carattere di ‘Qi’ – composto dai pittogrammi ‘vapore’ e ‘riso’ [10] – se ne affianca un altro destinato a specificare esclusivamente il Qioriginario: in quest’ultimo – sopra quattro puntini che rappresentano acqua e fuoco – si osserva la stilizzazione del carattere Wu (non-essere) [11].

Con l’avvento della dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.) gli scritti cosmologici si moltiplicarono facendosi più espliciti. Lo Yuanqi fu inteso come il tramite fra DaoMatrix (Xuan, Dao, idee di spazio e tempo) e Dao Natura Naturans (Yin-Yang, Terra/Cielo, Acqua/Fuoco, Luna/Sole…):

Quando cielo e terra non avevano ancora forma, tutto era come un galoppo di destrieri, come un frullare d’ali, vacuo, indistinto; quindi ciò venne chiamato l’Inizio Primordiale… Il Dao ha avuto origine nel ‘vuoto e trasparente’, il ‘vuoto e trasparente’ generò spazio e tempo, spazio e tempo generarono il Qi. Nel Qi si creò una divisione: il limpido Yang si levò come nugolo e divenne cielo, il torbido Yin si addensò e divenne terra. L’unione del Qi essenziale [12] di cielo e terra diede origine a Yin Yang, il ruotare dell’essenza di Yin e Yang diede origine alle quattro stagioni […] Il Qi caldo dello Yang accumulandosi diede origine al fuoco, l’aspetto quintessenziale del Qi pirico è il sole. Il Qi freddo dello Yin accumulandosi diede origine all’acqua; l’aspetto quintessenziale del Qiidrico è la luna… [13]

Nel palesarsi differenziato del Dao Natura Naturans la dimensione del non-essere e quella dell’essere continuano ad interagire: il principio unitario non è soltanto all’origine ma anche nel divenire di ogni fenomeno, sottende ad ogni aspetto del reale.

Tutte le discipline soteriologiche di matrice taoista hanno lo scopo di ritrovare e preservare il principio dinamico, costante ed eterno, che sostiene la nostra realtà transeunte e con esso identificarsi. Questo principio originario viene chiamato DaoYuanqi, Yuan (origine) o – più semplicemente – ‘Uno’.

Per quanto riguarda l’Uno esso è la radice del Dao, l’inizio del Qi, è il filo sottile che ci lega alla vita, è il sovrano di tutti i cuori […] perciò coloro che preservano l’Uno vivono a lungo [14].

Il macrosistema cosmico è dunque costituito da un’informazione unitaria invisibile (Yuanqi o “uno”), da cui dipende il configurarsi di ogni singolo fenomeno, e da un flusso alterno materia-energia (Qi) nel quale si alternano e si integrano configurazioni relativamente stabili (energia potenziale: Yin) e funzioni dinamiche (energia cinetica: Yang). Forma e funzione sono due aspetti complementari di uno stesso Qi; non esiste uno Yin senza Yang o viceversa ma solo aspetti relativamente Yin Yang nel divenire di ogni fenomeno secondo un principio non estraneo al solve coagula alchemico.

Le diverse forme consentono al Qi globale di esprimersi secondo modalità diverse ma ciascuna partecipa dell’insieme: in ogni porzione dell’uno si ritrova l’uno come fulcro energetico, come perno di ciascun livello nell’integrarsi gerarchico di sistemi e sottosistemi. Quest’idea, che in termini moderni si definisce ‘olografica’[15], era già presente in nuce nella letteratura antica:

L’uno nella testa è il vertice del cranio, l’uno fra i sette ‘Zheng’ [16] è l’occhio; l’uno del ventre è l’ombelico, l’uno dei meridiani è il Qi, l’uno degli organi è il cuore, l’uno degli arti è al centro dei palmi e delle palme, l’uno delle ossa è la colonna vertebrale, l’uno della carne è nell’apparato gastrointestinale… [17]

Il Due e il Tre: cielo terra e uomo

Il fondamento è nella posizione del Qi: le posizioni relative al cielo vengono dette ‘segni celesti’, le posizioni relative alla terra ‘strutture terrestri’, le trasformazioni e i mutamenti connessi al Qi dell’uomo si chiamano ‘affari umani’ [18].

Storicamente il concetto di Qi si è molto probabilmente evoluto a partire dall’osservazione dei fenomeni climatici; ancora oggi ‘meteorologia’ in cinese si dice Qi Xiang “Forme del Qi“, ‘aria’ si dice Kong Qi “Qi vuoto”. L’aspetto più accessibile di quest’energia impalpabile fu il vento e la sua direzione ed intensità assunsero presto valore causale; così al vento autunnale di ponente veniva attribuito il potere di staccare le foglie dagli alberi e a quello d’oriente di svegliare la terra dal letargo invernale. Fu la formulazione primitiva di un’idea ancora oggi fondamentale: forma ed eventi dipendono dalla vettorialità di flussi non sempre visibili all’occhio umano. Le fiamme tendono verso l’alto poiché il loro Qi è Yang, caldo, ascendente; l’acqua se non ostacolata cerca la profondità perché il suo Qi è Yin, freddo, discendente, ma fuoco ed acqua, caldo e freddo, interagiscono fra loro sospingendosi a vicenda; dal cielo discendono raggi di sole, folgori e pioggia, dalla terra si levano vapori e fiamme. L’uomo fu eletto quale punto di ideale mediazione fra le influenze celesti (Qi uranico) e quelle telluriche (Qi ctonio), specchio fedele dell’intero universo secondo il principio – onnipresente nella filosofia e nella medicina cinesi e non certo estraneo alla maggior parte delle culture antiche [19] – dell’analogia fra micro e macrocosmo:

L’uomo forma una triade con cielo e terra, interagisce con sole e luna… [20]

Il cielo è tondo, la terra quadrata, la testa dell’uomo è tonda e i piedi quadrati per corrispondere a ciò. Il cielo ha sole e luna, l’uomo ha due occhi, la terra ha nove continenti, l’uomo nove orifizi; il cielo ha vento e pioggia, l’uomo collera e gioia… [21]

Tutte le creature viventi si nutrono di terra e cielo, di cibo e di aria, di acqua e di luce; in ogni microsistema si incontrano lo Yin e lo Yang dell’ambiente, i quali il Qioriginario ovunque regola, compone e disgrega.

Il quattro il cinque e il sei: le correlazioni sistematiche analogiche

La speculazione filosofica all’inizio della dinastia Han, nel II sec. a.C., è caratterizzata dalla necessità di recuperare e riorganizzare in raccolte i testi antichi sopravvissuti all’epoca degli “Stati combattenti” e alla furia iconoclasta del primo imperatore Qin. Vennero così fusi in una serie di compilazioni elementi di natura eterogenea; gli ingredienti fondamentali di questo amalgama furono essenzialmente cinque: l’aritmologia binaria del “Classico dei Mutamenti” (Yi Jing); la liturgia dei riti imperiali – la quale imponeva diversi colori, direzioni cardinali, strumenti musicali e organi sacrificali a seconda delle stagioni-; le conoscenze mediche ed alchemiche nonché le dottrine soteriologiche dei prototaoisti; l’etica antropocentrica dei confuciani e le nozioni riguardo l’interazione fra cielo e terra, fra Yin e Yangdella prima cosmologia.

La cosmologia ricevette nuovo impulso da questa tendenza sincretistica e grande sostegno politico: poiché gli antichi strumenti di legittimazione del potere ed ordinamento gerarchico (filiazione diretta del clan imperiale da antenati celesti, riti di corte, “mandato celeste” ecc.) erano ormai – dopo sette secoli di guerre fra stati feudali e un ventennio di tirannia sotto gli ‘usurpatori’ Qin – svuotati di contenuto, la necessità di portare nuovo ordine nella società venne fondata sulla cognizione di un ordine naturale, al tempo stesso trascendente ed immanente. L’elaborazione teorica di questo nuovo sistema attinse principalmente a due scuole: la Yin-Yangdi Zou Yan (350-270 a.C. circa) e la Huang-Lao [22].

Il principio fondamentale della Huang-Lao è riassunto nel motto “dal Dao scaturisce la legge”; è il Dao stesso che ordina la società umana così come le sfere celesti e le stagioni terrestri. Il contributo della scuola di Zou Yan –della quale ancora ben poco si conosce- fu quello di elaborare un modello teorico che partendo dalle coordinate essenziali dello spazio (punti cardinali) e del tempo (alternarsi delle stagioni, del caldo e del freddo, dell’oscurità e della luce) riportò le infinite e cangianti trasformazioni del Dao ad uno schema precostituito e prevedibile.

Se per Laozi ed i primi taoisti la libertà, la bellezza e la spontaneità della natura si opponevano ad un mondo artificialmente ordinato dall’uomo e la via del saggio consisteva essenzialmente nel liberarsi da ogni preconcetto per potersi duttilmente accordare con il mutevole Dao, attorno al II sec. a.C., invece, la ‘spontaneità’ delDao viene ricondotta a degli schemi fissi applicabili in qualsiasi contesto. Si tratta di un punto di passaggio fondamentale per lo sviluppo della teoria delle correlazioni sistematiche, che per i successivi duemila anni costituirà il riferimento teorico della medicina tradizionale e di buona parte del pensiero speculativo in generale.

Dal Classico dei Mutamenti deriva ad esempio l’inserimento fra le coppie di estremi dei punti intermedi di passaggio; dopo la scissione dell’unità indifferenziata nei due principi Yin (nord, inverno, mezzanotte ecc.) e Yang (Sud, estate, mezzogiorno ecc.) – rappresentati rispettivamente da una linea spezzata e da una linea intera dette ‘Yi’ o ‘emblemi’ [23] – la genesi degli esagrammi prevede quattro ‘figure’ (Xiang) formate da due linee: fra gli estremi di Yin Yang (raffigurati fra i quattroXiang rispettivamente da due linee spezzate e due intere) compaiono i punti intermedi di passaggio: da Yin Yang Shaoyang “Yang minore” (legno, est, primavera, alba…una linea intera su una spezzata); da Yang Yin Shaoyin ” Yin minore” (metallo, ovest, autunno, tramonto…una linea spezzata su una intera) [24]. Le relazioni fra cielo e terra nei cicli annuali come in quelli diurni furono definite sulla base di rapporti proporzionali costanti e periodici fra Yin e Yang simboleggiati da queste quattro ‘figure’ e da un centro.

La primavera genera, l’estate fa crescere, l’autunno raccoglie e l’inverno immagazzina; queste sono le costanti del Qi alle quali anche l’uomo risponde. Se si divide un giorno per questi quattro tempi, allora l’alba ne è la primavera, il mezzogiorno l’estate, il tramonto l’autunno e la mezzanotte l’inverno… [25]

Combinando il concetto di alternanza e reciproca trasformazione fra Yin Yang (già espresso nell’Yijing) con un’antica serie di prescrizioni – che facevano parte degli antichi calendari liturgici imperiali – le quali erano ordinate su cinque elementi corrispondenti ai cinque punti cardinali [26] e a numeri, colori, suoni e stagioni, fu elaborata la teoria detta Yin Yang Wu Xing: Yin Yang e cinque fasi (o cinque ‘elementi’). Consideriamo ad esempio questo famoso brano tratto dal Hong Fan e databile verso la fine del periodo “Stati Combattenti”.

Il primo si chiama acqua, il secondo si chiama fuoco, il terzo si chiama legno, il quarto si chiama metallo, il quinto si chiama terra. Dell’acqua si afferma che idrata e scende, del fuoco che brucia e sale, del legno che si piega e si raddrizza, del metallo che si conforma e si trasforma, della terra che riceve il seme e lo matura. L’idratazione e il discendere si trasformano nel sapore salato; il bruciare e l’ascendere nell’amaro; il piegarsi e raddrizzarsi nell’acido; il conformarsi e trasformarsi nel piccante; la semina e la maturazione nel dolce… [27]

Gli emblemi di legno, fuoco, terra, metallo, acqua, già presenti nelle prescrizioni rituali, iniziarono ad essere concepiti come momenti di passaggio (fasi) di un ciclo completo di trasformazione del Qi (da Yin Yang e viceversa). Il Qi sale come il fuoco, scende come l’acqua, si dilata elastico come un albero dal seme, si contrae nella compattezza del metallo e trasforma continuamente come la terra, complice di ciascuno di questi processi. La terra venne scelta come emblema del centro, è sulla terra che i fattori climatici agiscono, è la terra a rispondere trasformandosi alle loro sollecitazioni. I ‘sapori’ (Wei) rappresentano l’aspetto Yin di uno specifico Qi il cui aspetto Yang si identifica nel processo che origina il Wei. Per ‘sapore’ non si intende quindi ‘gusto’ ma ‘dinamica potenziale di Qi’; i ‘sapori’, attivati dall’ingestione, tornano ad essere dinamiche di Qi. Anche le erbe della farmacopea vengono classificate secondo i ‘cinque sapori’ (piccante-aromatico, aspro-acido, dolce, salato, amaro) ma capita talvolta che il ‘sapore’ non corrisponda per nulla con il gusto: affermare che il ‘Wei’ di una sostanza è ‘piccante’ equivale a dire che il suo Qi ha potenzialmente una vettorialità di ‘esteriorizzazione’ e può indurre diaforesi o facilitare l’eruzione esantematica; di conseguenza un’erba con questo effetto verrà classificata come ‘piccante’ anche se il suo gusto non corrisponde per nulla a tale definizione, come è il caso, ad esempio, della radice di Pueraria [28]. Il Wei rappresenta il primo passaggio dell’ipostatizzazione del Qi in forma:

L’est genera il vento, il vento genera il legno, il legno genera l’acido, l’acido genera il fegato, il fegato genera i tendini, […].

Ciò che nel cielo è mistero, nell’uomo è Dao, in terra è trasformazione. Dalla trasformazione prendono origine i cinque sapori, dal Dao la conoscenza, dal mistero lo Spirito. Lo Spirito è vento in cielo, legno in terra, tendini nel corpo, fegato tra gli organi interni.

Il numero cinque, che corrisponde alla terra, venne quindi identificato con i cinque ‘Wei’ ed utilizzato per classificare tutti i fenomeni dell’esperienza sensoriale: colori, suoni, odori ecc. ossia tutti gli aspetti del Qi del ‘cielo posteriore’. Il ‘Libro dei mutamenti’ nella parte relativa alla genesi dei trigrammi del ‘cielo posteriore’ parte da sei simboli formati da tre righe ciascuno. A questi sei emblemi vennero associati i sei fattori climatici (vento; calore – o fuoco principe -; calura estiva – o fuoco ministro -; umidità; secchezza; freddo) controparte celeste manifesta dei cinque ‘sapori’ terrestri.

Negli antichi testi di medicina questi fattori climatici venero anch’essi classificati sulla base di proporzioni fra Yin e Yang:

Lo Spegnersi dello Yin (Jue Yin) è governato dal vento; lo Yin Minore (Shao Yin) dal calore; l’Estremo Yin (Tai Yin) dall’umido; lo Yang Minore (Shao Yang) dal fuoco ministro; la Luce dello Yang (Yang Ming) è governata dal secco; l’Estremo Yang (Tai Yang) dal freddo. Quando si parla di radice [della malattia] s’intende riferirsi a questi sei fattori primari [29].

Già nello Zuozhuan, databile fra il VI ed il IV sec. a.C., i quattro Qi stagionali, i cinque Qi terrestri ed i sei Qi celesti erano articolati in un unico sistema di interscambio fra Qi ctonio ed uranico:

Il cielo ha sei Qi che, scendendo, danno origine a cinque sapori, si sviluppano come quattro stagioni, si ordinano secondo i cinque colori e si manifestano con i cinque gradi pentatonici…

I cinque ‘sapori’ sono relativamente Yin rispetto ai sei Qi, tuttavia, anche considerati separatamente, sono classificabili in termini di Yin-Yang:

Il Qi dei sapori piccante e dolce disperde ed espande, viene considerato Yang, l’acido e l’amaro trasportano verso il basso e quindi sono considerati Yin[30]

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Il Qi Fisiologico

Nel vasto ed eterogeneo panorama dei trattati tradizionali si individuano diversi modelli per definire l’architettura interna del corpo, le relazioni fra gli organi interni, la fisiologia energetica e le analogie fra il sistema uomo ed il sistema universo. Indipendentemente dal modello prescelto l’attività vitale viene comunque ricondotta al Qi; dai testi classici sino a quelli contemporanei si utilizzano principalmente due criteri per definire i diversi tipi di Qi fisiologico: forma/funzione oppure origine/localizzazione.

Secondo il primo criterio si distinguono tre aspetti fondamentali dell’attività vitale: materiale/trofico (Jing o ‘essenza’); aereo/funzionale (con particolare riferimento alla forza pneumatica esercitata dal respiro: il Qi per antonomasia); sottile/cognitivo/omeostatico (Shen o ‘spirito’); il concetto di Qi in senso lato comprende tutti e tre. Jing, Qi e Shen – spesso denominati i ‘tre tesori’ – hanno ciascuno un aspetto ‘originario’ ed un aspetto ‘acquisito’. Nella medicina tradizionale contemporanea si tende ad identificare il Qi originario con l’informazione genotipica ma, sino alla fine dell’ultima dinastia (Qing 1644-1911), il triplice aspetto ‘anteriore’ del Qiveniva ricondotto alla Matrix come informazione originaria preesistente all’incontro fra le ‘essenze seminali’ (gameti); programma specifico non soltanto della conformazione e delle propensioni ma anche del destino individuale. Un medico vissuto alla fine del ‘700, Xu Wenbi, così scriveva:

L’essenza è ciò che nutre il corpo, Qi è ciò che circola nel corpo, Shen è ciò che governa il corpo […] L’essenza primordiale (Yuan Jing) è l’autentica essenza innata, non quella riproduttiva; il Qi primordiale (Yuan Qi) è l’energia del vuoto, non l’aria che si respira; lo Shen primordiale (Yuan Shen) è l’anima originaria, non il pensiero. Ciò che si intende per Yuan Jing, Yuan Qi, Yuan Shen è riferito ad un fattore congenito che esiste prima della nascita, mentre l’essenza opaca [sperma ed ovuli], il Qi che si respira e lo spirito che pensa e percepisce sono acquisiti e si sviluppano dopo la nascita… [31]

In senso lato, quindi, il Qi Comprende anche i vari substrati fisiologici, sangue, linfa, liquidi, cioè l’aspetto Jing; comprende anche i flussi di informazione – dall’attività psicocognitiva ed emotiva agli scambi di informazione a livello cellulare che regolano l’omeostasi – ossia l’aspetto Shen; ma il Qi in senso stretto è quello che rappresenta le dinamiche funzionali interne, dal respiro al battito cardiaco all’attività metabolica dei vari organi (si definisce in questo caso un Qi del cuore, della milza, dei reni ecc.) .

Gli scambi di materia, energia e informazione fra l’individuo e l’ambiente sono considerati flussi di Qi; dalla Matrix viene lo Yuanqi, il Qi che nella definizione di M. Porkert “trasmette strutture”, dal cielo l’aria che respiriamo o Qingqi, le sei influenze climatiche cui siamo recettivi o Liu Qi; dalla terra cibo ed acqua o Shui Gu zhi Qi, spesso abbreviato come Gu Qi e tanti altri tipi di Qi, come quello derivante dalle configurazioni astronomiche o quello che dipende dall’assetto del territorio e dalle caratteristiche degli spazi abitativi.

Tutti i tipi di Qi con cui l’attività vitale può entrare in risonanza potenziandosi vengono definiti in maniera generica Zhengqi – Qi ‘retti’ o ‘Ortoqi’- mentre tutte le frequenze che alterano l’equilibrio vitale vengono definite Xieqi, o Qi ‘deviati’. Il Zhengqi è uno dei cinque Qi che regolano le funzioni generali dell’intero organismo. Nella tabella seguente li vediamo distinti per origine e localizzazione.

Origine Nome Localizzazione
Cielo anteriore YuanqiQi originario o primordiale In tutto l’organismo e in particolare nei reni e nei gameti; scorre negli otto meridiani straordinari e nel Sanjiao [32].
Cielo posteriore ZongqiQi ancestrale o toracico Nel torace dove presiede al ritmo dell’apparato cardio-respiratorio.
Shuiguqi
(acqua e cibo) + Qingqi (aria)
Weiqi Qi difensivo Scorre alla superficie del corpo fra pelle e carne, concerne principalmente i polmoni e le vie respiratorie (compresi i pori della pelle).
Yingqi Qi nutritivo Scorre nei vasi ed è in stretta relazione con l’energia sangue
Shuiguqi + Qingqi + Yuanqi Zhengqi : Ortoqi o “Qi retto”, chiamato ancheZhenqi “Qi autentico” con particolare riferimento alla sua componente di Yuanqi. Presente in tutti gli organi e nei meridiani di agopuntura. L’Ortoqi contrasta i Qi patogeni Xieqi (Qi deviati) e in questo senso può essere anche definito Qi immunitario.
Maestria del Qi e pace interiore

La concezione unitaria di aspetti fisici e aspetti psichici portò la MTC ad evolversi, sin dai primordi, in senso psico-somatico e somato-psichico. Le diverse facoltà intellettive vengono distribuite fra vari organi e la facoltà per eccellenza, lo Shen – è nel cuore; in cinese il termine Xin indica sia il cuore come organo sia la mente come facoltà del cuore. Ai reni invece vengono attribuite forza di volontà e memoria, alla milza-pancreas la capacità speculativa e la volizione ecc. Minore importanza venne invece attribuita al cervello, classificato fra gli “organi curiosi” e quasi mai menzionato nei testi di medicina, spesso in stretta associazione con l’attività dell’orbita renale (gonadi e surrenali incluse).

L’associazione fra organi e emozioni è collegata alla comune direzione del Qi: ad esempio i reni occupano la parte inferiore del corpo e secondo la MTC attirano ossigeno e liquidi verso il basso, presiedono all’apertura e chiusura degli “orifizi inferiori” (e alla facoltà auditiva) e, fra le altre funzioni, partecipano alla termoregolazione. Corrispondono all’inverno in cui tutta l’energia delle piante viene chiusa e conservata nelle radici; allo stesso modo i reni conservano il Jing la linfa vitale del corpo. La paura corrisponde ad una dinamica di discesa e contrazione del Qi; affine a quella governata dai reni che, di conseguenza, saranno il primo organo bersaglio degli eccessi di paura. La minzione o defecazione involontarie che possono sopravvenire in caso di forte spavento, il sentirsi ‘raggelati’, si spiegherebbero quindi con un disturbo arrecato alle funzioni normalmente assolte dal Qi renale. Viceversa una patologia che affligge il Qi renale si manifesterà a livello psichico con sensazioni di panico soprattutto a tarda notte, l’ora che corrisponde ai reni, mentre un pregiudizio all’essenza (Jing) darà luogo a problemi di memoria e – nei casi più gravi – di udito.

La relazione fra attività fisiologica e psichica è quindi perfettamente simmetrica e coordinata; tuttavia, poiché in sottofondo permane l’idea che il visibile derivi dall’invisibile, si tende a ritenere che all’origine di uno squilibrio fisico sia spesso un atteggiamento mentale malsano.

La norma necessaria per qualsiasi tipo di trattamento con gli aghi è: considerare innanzi tutto la radice psichica… [33]

[Gli antichi]… non lasciavano che la concupiscenza o l’invidia logorassero il loro interiore, né permettevano che l’ambizione incontrollata esaurisse il loro esteriore […] per questa ragione non avevano bisogno di medicine per curare il loro interno, né di aghi di pietra per curare il loro esterno…[34]

L’eccessiva ambizione, la concupiscenza e l’invidia sono considerate particolarmente dannose poiché ogni volta che si desidera eccessivamente qualcosa è come se parte del nostro Shen si dirigesse su quella meta, precedendoci. Il focalizzarsi su obbiettivi non a portata di mano –irraggiungibili o lontani – comporterebbe quindi una grave dispersione della nostra energia psichica e, di conseguenza, del Qi.

Perciò il grande principio delle pratiche di lungavita è amare il Qi. Il Qi viene portato a compimento grazie allo spirito. Lo spirito si esprime grazie all’intento. Dove va il cuore-mente quello è l’intento; se ci sono troppi pensieri, lo spirito viene disturbato; se lo spirito è disturbato il Qi scarseggia e non si può vivere a lungo. Perciò il saggio limita i propri desideri e frena i cattivi pensieri per pacificare i propri intenti… [35]

Se il separare corpo, azione e pensiero – ad esempio pensando a qualcosa di diverso da quello che si sta facendo – è dannoso, sviluppare una maggiore coordinazione fra pensiero, movimento fisico e flussi di Qi (respirazione, circolazione nei meridiani) determina un incremento ed un potenziamento dell’energia individuale in tutti i suoi aspetti: fisico, funzionale e psichico. Questo sostengono le diverse “pratiche di lungavita” che oggi sono confluite nella denominazione diQigong “maestria del Qi“. In sintesi lo scopo iniziale è quello di raggiungere una maggiore sincronia fra tutti gli aspetti del Qi fisiologico; unire l’immaginazione al movimento fisico e/o al fluire del Qi, al fine di migliorare lo stato di salute e di resistenza alla malattia; nella definizione cinese il Qigong si fonda sulla triplice regolazione di “corpo, respiro e cuore-mente”. Secondo il professor Li Xiaoming, direttore del Dipartimento di Ricerca sul Qigong dell’università di Pechino [36], i principi essenziali di questa tecnica, diffusamente trattati nei testi antichi, si possono riassumere in due massime: qing jing ziran (pulizia, quiete e naturalezza) –riferita in particolare all’atteggiamento mentale e alla condizione spirituale- e xing ming shuang xiu (coltivare contemporaneamente la propria natura innata ed il proprio aspetto vitale); in questo modo si raggiungerebbe lo stato che Laozi definiva wu wei er wu suo bu wei “non c’è azione [egoica] e non c’è nulla che non venga compiuto”. Questa condizione si riferisce ad un livello più alto di pratica, il cui fine è quello di rendere coerenti ‘cielo anteriore’ e ‘cielo posteriore’, cioè di conformare il nostro arbitrio al disegno originario della nostra esistenza. Gli effetti di questa adesione profonda travalicano l’ambito meramente terapeutico.

Uomo e ambiente: il Qi come qualità

Per estensione il Qi designa le qualità, visibili o invisibili, di piante, individui, minerali, luoghi ecc. Esiste un rapporto diretto fra struttura e Qi; l’informazione (Yuanqi) si traduce in struttura; ogni struttura esprime il Qi ad essa peculiare;

Il modo in cui ogni territorio dà nascita è in accordo con la categoria cui appartiene; di conseguenza presso le montagne nascono molti maschi e presso i laghi molte femmine. Il Qi dell’acqua è la causa di molti casi di mutismo, quello del vento di molti casi di sordità; il Qi delle foreste induce molti casi di disuria, ilQi del legno molti casi di gobba; il Qi che scende dalle scogliere provoca rigonfiamenti agli arti inferiori; il Qi della roccia dà robustezza […] Ogni cosa è a immagine del proprio Qi, ognuna viene influenzata da una determinata categoria [37].

Questa valutazione non concerne esclusivamente il mondo naturale ma anche quello costruito dall’uomo. Il rispetto delle proporzioni e in generale dell’estetica delle costruzioni era considerato importante per le ripercussioni sugli abitanti; Mencio – epigono di Confucio- sosteneva che “il posto dove si abita altera il proprio Qicosì come ciò di cui ci si nutre altera il proprio corpo” [38] “e nel Chunqiu Fanlu (un famoso testo classico) si specifica che “Le torri [troppo] alte sono troppoYang e le stanze [troppo] ampie sono troppo Yin; entrambe si allontanano dall’armonia…” [39]. La preoccupazione estetica per l’architettura fu sempre presente in Europa come in Cina, fino alle rispettive industrializzazioni [40]. Il primo pezzo di ferrovia da Shanghai a Wusong fu acquistato dai Cinesi per essere distrutto, poiché alterava completamente l’equilibrio paesaggistico (Feng Shui) di tutti coloro che vivevano presso i binari [41].

La relazione fra struttura e Qi è alla base delle concezioni biotipologiche: se la struttura deriva dal Qi, l’osservazione della forma corporea permette di dedurre la condizione e la qualità del Qi originario, quindi lo stato funzionale congenito di organi e tessuti e anche il temperamento psico-emotivo. L’osservazione delle variazioni della forma (colore, odore) e del movimento (ritmo, direzione) costituisce il fondamento della diagnostica.

Nonostante le modalità di trasformazione siano le stesse dalle macro alle microscale – e tutte siano esprimibili in termini di Qi e di proporzione fra Yin e Yang – tuttavia ciascun essere ha caratteristiche individuali irripetibili che vengono considerate, soprattutto in ambito medico, altrettanto importanti delle caratteristiche generali che lo equiparano a forme analoghe. In termini moderni diremmo che la Medicina Tradizionale Cinese, come quella ippocratica, sin dalle sue origini non postulava l’identità del sostrato e teneva in grande considerazione il terreno diatesico individuale:

Il legno ha un suo Yin e un suo Yang, può essere forte o debole; se è forte è difficile penetrarlo, se è debole si spacca facilmente, se si arriva a un nodo magari è l’ascia che subisce dei danni. Nel legname ci sono differenze fra forte e debole: i pezzi forti sono duri, i pezzi deboli subiscono facilmente dei danni. Ancora maggiori sono le differenze fra gli alberi! La corteccia può essere spessa o sottile, la linfa abbondante o scarsa; ognuno è diverso dall’altro! […] non è forse questo ancor più vero per gli uomini? [42]

La relazione fra Qi e temperamento risulta evidente in molte espressioni della lingua parlata; ad esempio ‘espressione del viso’ in cinese si dice “colore del Qi“, di una persona che ha carisma si dice che ha “Qualità del Qi“, di un avaro che ha il “Qi piccolo”, di un uomo integro e saldo che ha “Qi delle ossa” ecc.

Medicina tradizionale nella Cina moderna

Il Presidente della prima repubblica cinese, Sun Yatsen, era un medico allopatico che aveva studiato in occidente. Lui e il suo entourage consideravano l’eredità della MTC un nefasto fardello che sbarrava la strada allo sviluppo della scienza in Cina. Di conseguenza, la Medicina Cinese fu ripudiata dal Ministero della Sanità e riuscì a sopravvivere solo all’ombra del Ministero dell’Educazione Fisica [43].

Considerata non scientifica e rinnegata nel proprio paese di origine ancor meno la MTC venne presa in considerazione all’estero, se non come aspetto folcloristico di un paese esotico.

La situazione mutò con l’instaurarsi della seconda repubblica, quella guidata da Mao. Ciò fu dovuto principalmente al fatto che il garantire assistenza sanitaria a tutta la popolazione divenne un obiettivo primario e i medici di formazione occidentale erano troppo pochi per il raggiungimento del medesimo; i costi della loro formazione, dei macchinari diagnostici e soprattutto dei farmaci occidentali di importazione erano all’epoca proibitivi. Obtorto collo venne rivalutata la Medicina Tradizionale, le cui terapie erano decisamente meno costose e alla portata di tutti.

Fu così inaugurata la ricerca di una medicina nazionale destinata a fondere gli aspetti migliori della medicina occidentale e di quella indigena, ossia la linea che agli inizi degli anni ’80 fu definita “delle tre vie”. Nel 1958, all’epoca del “grande balzo”, fu ufficialmente sancita l’eguaglianza fra la medicina tradizionale e quella allopatica; pertanto anche ai medici che seguivano una formazione occidentale fu imposto lo studio dei principi basilari della medicina cinese e viceversa, fu inoltre inaugurato un vasto programma di ricerca scientifica per stabilire il grado di efficacia dei rimedi tradizionali.

L’occidente non ebbe alcuna difficoltà ad accettare le ricerche sui principi attivi della farmacopea cinese, ma rifiutò con scetticismo la presunta efficacia di tecniche quali agopuntura, Tuina e Qigong, poiché esse erano radicate nell’idea di Qi, e il Qi non si vede al microscopio. Il concetto di Qi non ha nessun possibile equivalente nel linguaggio della medicina allopatica; si tratta di un problema particolarmente rilevante nella valutazione della MTC dal momento che, come sostengono Kuhn e Whorf, è la struttura stessa del linguaggio che può determinare quali fenomeni verranno osservati e quali negletti [44] e le differenze anche solo strutturali che esistono fra le lingue indoeuropee e quelle del gruppo sino-tibetano sono davvero rilevanti.

Nei fatti, sin dai primi anni ’60, la politica delle ‘tre vie’ si svolse all’insegna di un’occidentalizzazione delle tecniche, del linguaggio e della teoria della medicina tradizionale [45]. L’analgesia prodotta da aghi elettrificati negli interventi chirurgici divenne la bandiera di questa linea ideologica. Durante la Rivoluzione Culturale, l’analgesia con elettroagopuntura venne diffusa – per ragioni politiche – oltre i limiti dell’opportuno, forzando la sua applicazione anche ad interventi per i quali non era indicata [46]. Nel 1971, il ricovero fortuito di un giornalista del N.Y. Times per un’appendicectomia che venne praticata presso l’Ospedale Anti-imperialista di Pechino con metodi tradizionali, mantenendo il paziente cosciente per tutta l’operazione, costrinse l’occidente a rivedere il giudizio sulla possibile efficacia dell’agopuntura [47]. Ma ciò – ancora una volta – non servì ad affermare l’esistenza del Qi. Si svilupparono teorie perfettamente ortodosse per spiegare il fenomeno, come lo stimolo meccanico alla produzione di endorfine o encefaline oppure la teoria cosiddetta del ‘cancello’ (saturazione del canale di trasmissione nervosa attraverso gli stimoli prodotti dall’ago); ipotesi che ancora oggi, per la maggioranza dei medici allopatici, rimangono l’unica spiegazione plausibile dell’efficacia degli aghi. L’effetto terapeutico dell’agopuntura viene quindi generalmente ammesso in occidente esclusivamente per ciò che può essere spiegato attraverso queste teorie, ossia essenzialmente per la terapia del dolore in senso lato.

La ricerca sul fenomeno Qigong

Già a partire dalla metà degli anni ’50 era iniziata anche la sperimentazione sulla terapia Qigong; che ottenne nel 1960 il patrocinio del Ministero della Sanità Cinese.

Durante la Rivoluzione Culturale la MTC fu ridotta ai rimedi popolari dei “Medici Scalzi”, il Qigong fu proibito e gli esperimenti ovviamente interrotti.

La sperimentazione riprese alla fine della Rivoluzione Culturale – il prof. Lin Zhongpeng parla di oltre 1000 esperimenti ufficiali nel solo 1977 [48] – ma con caratteristiche diverse rispetto a quella degli anni ‘50: innanzi tutto la ricerca assunse un carattere interdisciplinare, partendo dall’Istituto di Medicina Nucleare di Shanghai ma coinvolgendo presto gli Istituti di Fisica delle Alte Energie e Ingegneria Medico Spaziale di Pechino; in secondo luogo l’interesse si spostò dall’analisi dell’efficacia terapeutica del Qigong sui pazienti all’effetto di potenziamento bioenergetico e psichico ottenuto dopo anni di pratica da individui sani, con particolare riguardo alla loro capacità di emettere Qi, producendo modificazioni su bersagli prestabiliti.

Nel 1979 la sperimentazione ottenne l‘appoggio ufficiale del comitato centrale del PCC. Le 13 tesi di laurea sulla sperimentazione Qigong presentate nel 1979 divennero 831 nel 1988 [49].

Una pioniera in questo campo fu la professoressa Gu Hansen del Dipartimento di Medicina Nucleare dell’ospedale di Shanghai; a lei si debbono i primi esperimenti che provarono l’esistenza del Qi sotto forma di radiazioni infrarosse con una peculiare modulazione di ampiezza; ossia diverse da quelle che tutti noi emettiamo avendo un corpo a temperatura superiore a quella dell’ambiente. Essa fu inoltre in grado di provare l’effetto ‘risonanza’ prodotto dall’emissione volontaria di Qi sul corpo di un paziente [50].

Altri ricercatori trovarono differenze molto rilevanti in emissione di biofotoni, infrasuoni, elettricità statica, segnali magnetici ecc. A livello cerebrale fu registrato un aumento di coerenza inter e intraemisferica che risultava in picchi di intensità nella frequenza alfa [51]. In sintesi questi primi studi si limitarono ad una misurazione quantitativa dell’emissione di Qi.

Ben presto però ci si accorse che ciò che si stava misurando era semplicemente il veicolo energetico e non l’informazione da esso trasmessa. Ciò emerse in particolare dagli esperimenti condotti su culture di batteri, microflora [53], sementi ed altri microrganismi, i quali dimostrarono che l’emissione di Qi poteva produrre risultati diametralmente opposti (es. incremento della crescita batterica o effetto batteriostatico) a seconda dell’intenzione del soggetto emittente, il quale poteva alternare i due effetti anche ogni minuto [54].

Di conseguenza, se la natura e la potenza del ‘veicolo’ dipendono principalmente dallo stato di salute (o di ‘supersalute’) del soggetto, gli effetti da esso prodotti – l’informazione da esso trasmessa – derivano da un atto di libera volizione, i cui meccanismi restano in buona parte sconosciuti e non accertabili strumentalmente.

Nel 1981, in perfetta coerenza con la politica delle “tre vie” fu inaugurata la prima Organizzazione Nazionale per la Ricerca Scientifica sul Qigong della Congregazione Nazionale M.T.C., la terapia Qigong, già sperimentata in strutture ospedaliere dalla metà degli anni ’50, si diffuse a macchia d’olio in quasi tutti gli ospedali tradizionali. Nel 1986 fu fondata la “Società per la Ricerca Scientifica sul Qigong” che proseguì la ricerca anche in ambito extra terapeutico. Alcuni lavori riguardo la sperimentazione per stabilire la natura fisica del Qi furono presentati anche alla First World Conference for Academic Exchange of Medical Qigongtenutasi a Pechino nel 1988.

Paradigma e protocollo

La medicina che ad oriente si è evoluta sul paradigma analogico e quella che si è sviluppata, dapprima in occidente e poi nel resto del mondo – Cina compresa – sul paradigma analitico, hanno prodotto entrambe ottimi risultati e progresso nella conoscenza dell’uomo, ma, com’è ovvio, risulta molto problematico utilizzare il metodo dell’una per stabilire la verità dell’altra.

L’unico protocollo di ricerca medica riconosciuto universalmente – al quale dobbiamo importantissimi progressi – rimane fondato sulle ‘qualità primarie’ di Galileo, ossia essenzialmente su criteri quantitativi, in base ai quali gli individui vengono equiparati per età, peso, altezza e distinti qualitativamente solo in base al sesso.

Pazienti che vengono omologati in un singolo gruppo secondo gli standard allopatici, possono corrispondere a gruppi diversi secondo i criteri cinesi e necessitare quindi, affinché si possa stabilire l’efficacia clinica della terapia tradizionale, di trattamenti diversificati secondo criteri estranei alla metodologia della medicina allopatica. I protocolli dovrebbero essere mutuati dall’impianto teorico sul quale si basa l’assunto da verificare ma di fatto ciò non avviene. Uno studio comparato della biotipologia e dei terreni diatesici potrebbe rappresentare un primo auspicabile passo verso un protocollo integrato.

In Cina i numerosi studi sull’efficacia dell’agopuntura, in particolare dopo il varo della politica delle ‘tre vie’, hanno cercato di ovviare al problema raggruppando i casi clinici secondo criteri allopatici e differenziando successivamente all’interno del gruppo secondo criteri tradizionali per la scelta dei punti da utilizzare; ad esempio nel campione di pazienti affetti da artrite reumatoide diagnosticata secondo i criteri occidentali (analisi del sangue, raggi x ecc.) si impostano quattro diversi protocolli distinguendo secondo l’eziologia tradizionale i quadri clinici in freddo-umidità, umidità calore, insufficienza del trofismo tendineo dovuta ad insufficienza del sangue e calore dovuto a ristagno protratto di freddo-umidità [55]. Nella prassi la pratica della MTC in Cina risulta ovunque ibridata [56].

Molto più difficile risulta l’individuazione di protocolli accettabili a livello internazionale per stabilire l’efficacia di tecniche non esclusivamente terapeutiche qualiQigong e Taijiquan. Il problema principale si può così sintetizzare: affinché la sperimentazione sull’efficacia clinica sia considerata valida, essa deve escludere ogni possibile “effetto placebo” o di “suggestione”; nel Qigong è previsto l’utilizzo di tecniche di rilassamento, respirazione e visualizzazione per innescare processi di autoguarigione; l’autosuggestione è pertanto considerata necessaria ed auspicabile.

Dall’approccio sperimentale dell’ultimo ventennio è emerso un nuovo modello che distingue semplicemente fra il Qi all’interno del corpo (Neiqi) definito “moto ondulatorio informativo che produce effetto ordinante” ed emissione volontaria di Qi (Waiqi) intesa come “veicolo energetico che trasmette informazione vitale” [57]. Secondo questa nuova formulazione, le fluttuazioni di Qi interno determinano la configurazione tanto del corpo biologico quanto del cosiddetto ‘campo biogenico’, ossia il campo individuale di informazione, non vincolato a substrati materiali specifici, che regola i meccanismi globali di organizzazione e soprattutto di riorganizzazione e di rigenerazione dell’organismo. Si postula una modulazione del Qi, definita ‘informazione vitale’ analoga in tutti gli esseri umani ma con peculiarità individuali che dipendono dalle caratteristiche specifiche del soggetto e dalle sue condizioni psicofisiche del momento. L’informazione vitale – con il dovuto tempo di pratica – può essere modulata volontariamente per potenziare e modificare il proprio ‘campo biogenico’ o per essere veicolata (attraverso il Waiqi) su bersagli esterni. La considerazione per il ruolo del libero arbitrio – o modulazione cosciente – costituisce il carattere più originale ed importante di questa concezione bioenergetica ma anche il punto critico dell’analisi scientifico-riduzionista del fenomeno Qigong. Lo sviluppo tecnologico che ha permesso la misurazione di microenergie biologiche precedentemente non oggettivizzabili, non ha però prodotto strumenti idonei ad esprimere contenuti mentali in unità di misura.

L’importazione dei modelli interpretativi

Indipendentemente dai risultati raggiunti nei numerosissimi esperimenti cui abbiamo solo accennato, il problema di fondo resta interpretativo e, come sovente accade, il mondo scientifico è schierato su tre fronti:

  • I ‘conservatori’ che tendono a negare l’evidenza, a ignorarla o a confutarla in modo spesso solo apparentemente ‘scientifico’ e ‘razionale’.
  • I moderati che prendono atto delle novità ma si sforzano di ricondurle a paradigmi esistenti.
  • I riformatori che avvertono l’esigenza di modificare il paradigma.

Nel primo gruppo si possono senz’altro includere tutti i paladini della scienza che paventano un ritorno al vitalismo ed adottano un’attitudine ‘necrofila’ –secondo la definizione di Fromm [58] – prendendo l’inanimato – preferibile a causa del suo maggiore grado di prevedibilità ed ‘oggettività’- a modello dell’animato. I ‘conservatori’ condividono inoltre l’idea che il background culturale ed eventuali opinioni personali di merito di coloro che adottano il metodo scientifico non influenzino minimamente la valutazione dei fatti. L’indagine “senza pregiudizi” compiuta dal CSICOP sulla MTC sembra riflettere questa tendenza; ne citiamo un piccolo brano:

“The term Qi, which translates roughly as “divine breath”, refers to these putative energies, which are assumed by TCM to permeate everything in the universe. With respect to biological organisms, Qi is rather like the concept of elan vital, a hypothetical “life force” that was abandoned in Western medicine when scientific discoveries made it apparent that there is no essential difference in chemical constituents or processes between living and inanimate matter.” [59]

All’estremo opposto della comunità scientifica sono coloro che ritengono che gli aspetti non strettamente quantificabili o non precisamente omologabili della psiche umana debbano in ogni caso essere oggetto d’indagine e che sia necessario vigilare affinché la sperimentazione non sia inficiata da assenza d’ipotesi interpretative ortodosse. Il “primato della teoria” nella scienza, come sostennero Heisemberg, Einstein ed altri, comporta che “senza una teoria non è neanche possibile progettare un esperimento e che la storia della scienza è soprattutto una storia di idee” [60]. I ‘riformatori’ che desiderano studiare con metodo anche le possibilità latenti o rare della psiche umana invocano pertanto l’adozione di un’attitudine ‘fenomenologica’ di sospensione del giudizio al fine di propiziare una più ampia raccolta di dati sperimentali. E’ la posizione sostenuta dall’astrofisico di fama internazionale Qian Xuesen, che nel 1986 pubblicò in prima pagina sul Guangming Ribao – uno dei quotidiani più diffusi in Cina – un articolo dal titolo piuttosto esplicito: “Pensando ad una nuova rivoluzione scientifica a partire dal Qigong cinese” ove si legge:

… Il punto centrale è che i problemi che questa ricerca solleva sono enormi. Se vogliamo conoscere la razza umana, questo comporta innanzi tutto conoscere il proprio mondo individuale interiore e se, dopo averlo compreso, vogliamo capire in che modo [la razza umana] si trasforma, ciò comporta conoscere il mondo soggettivo interiore degli altri esseri umani. Questo, naturalmente, è un compito davvero arduo. […] Il fare bene questo lavoro comporta inevitabilmente l’esplodere di una nuova rivoluzione scientifica.

Le posizioni intermedie sono piuttosto variegate e raramente equidistanti dai due poli. Xie Huanzhang è fra i moderati che più si sono adoprati per far accettare la ricerca sul Qigong da tutta la comunità scientifica. Egli ha anche coniato il termine “Qigongologia” per distinguere lo studio teorico con metodo scientifico che prende il ‘fenomeno Qigong’ come oggetto, dallo studio teorico-pratico – secondo il metodo tradizionale – degli adepti di questa disciplina. Il suo Qigong de Kexue Jichu (Le basi scientifiche del Qigong) è un testo fondamentale della ‘Qigongologia’ cinese. Raccoglie numerosi esperimenti rivisitandoli alla luce di ipotesi teoriche mutuate dalla scienza dei sistemi, dalla sinergetica, dalla termodinamica ecc. La sua posizione è piuttosto vicina a quella di Qian Xuesen ma più conciliante. Di seguito riassumiamo alcuni punti salienti del “discorso sul metodo di ricerca della Qigongologia [61]” che offre uno spaccato interessante sull’epistemologia cinese contemporanea:

I nostri antenati, sulla base di una concezione organicista della vita umana svilupparono, dopo esperienze protrattesi per lunghi tempi, un singolare metodo di ricerca per l’indagine sul Qigong: il metodo introspettivo […] Questo genere di metodo introspettivo per indagare se stessi si fondava sull’acutizzazione delle capacità percettive attraverso il Qigong che permetteva di cogliere informazioni sull’assetto interno del proprio corpo; utilizzando la coscienza autogena si arrivava a sentire, capire e controllare l’attività vitale. Nel metodo introspettivo il soggetto e l’oggetto di conoscenza coincidono.

Tuttavia, l’utilizzo esclusivo del metodo introspettivo ha dei limiti intrinseci […] Soltanto un numero ristretto di persone può arrivare a ciò, manca di standard oggettivi e ancora meno si può confidare nel fatto che tale conoscenza sensitiva sia confermata da coloro che non hanno alcuna esperienza nella pratica delQigong. […]

La metodologia che a partire da Galileo e Newton si è sviluppata nella scienza occidentale contemporanea, ha offerto un contributo immortale alla conoscenza del mondo abiotico. Il grande edificio di questa scienza è costruito su due pilastri: l’esperimento e la misurazione. Semplificando essa ritiene che ciò che si riesce a misurare è oggettivamente esistente. Pertanto la conoscenza che abita in questo grande edificio è affidabile, ripetibile, rigorosa.

Tuttavia, il metodo scientifico si è sviluppato all’ombra della filosofia positivista; pertanto molti hanno assimilato, consciamente o inconsciamente, una concezione errata: ciò che non si può misurare non esiste. Questo concetto errato è stato estremamente dannoso per lo sviluppo delle scienze naturali. […]

Dal punto di vista metodologico, il riduzionismo pone l’accento sull’analisi, […] a partire dalla scoperta della struttura a doppia elica del D.N.A. e dalle ricerche sul codice genetico il riduzionismo si è notevolmente rafforzato nello sviluppo della ricerca biologica, fisiologica e affini. Ciò nonostante, come ha puntualizzato il compagno Qian Xuesen evidenziando i limiti intrinseci del riduzionismo: “ritenere che queste macromolecole rappresentino il ‘segreto della vita’ è davvero una semplificazione eccessiva […] La carenza principale dei biochimici molecolari è quella di non considerare mai i problemi dal punto di vista dell’intero sistema” […]

Noi riteniamo che esistano principi validi sia nell’approccio riduzionista che in quello vitalista, ma che entrambi offrano visioni parziali. Sullo sfondo del sistema riduzionista c’è un’ipotesi aprioristica: ritenere che dopo aver scomposto un intero in elementi costituenti, le caratteristiche che si osservano in ciascun elemento isolato siano identiche a quelle che esso ha quando è integrato nel sistema complessivo. Quest’assunzione è erronea […] inoltre si considerano solo materia ed energia e non si tiene conto dell’informazione […] l’informazione contenuta da un elemento integrato nel sistema o isolato dal sistema è profondamente diversa. Ma anche la contrapposizione netta che nell’ottica vitalista esisterebbe fra attività vitale e leggi della fisica non è corretta […]

Per questo motivo, per la conoscenza dell’attività vitale, sono indispensabili tutte le metodologie della scienza contemporanea: quelle della fisica, della chimica, della fisiologia, della psicologia ecc. […] Tuttavia, quando si considera lo studio dell’attività vitale, indipendentemente dal fatto che si utilizzi il metodo analitico o quello sintetico, o l’integrazione fra metodo analitico e sintetico, non si potrà che ottenere leggi parziali. Per la conoscenza della legge generale dell’attività vitale, tutti questi metodi risultano incompleti. Ci sono due ordini di problemi […]

Qui diventa necessario far sì che il soggetto conoscente (l’uomo) pervenga ad un metodo di conoscenza derivato da un innalzamento e potenziamento della propria condizione psichica…

Conclusioni: Incontro fra oriente e occidente o fra passato e futuro?

Quando i neoconfuciani, nell’XI sec. d.C. vollero trovare un’alternativa concettuale al Dao dei taoisti, scelsero il carattere di Li, la cui etimologia rimanda alle venature della Giada, che il buon intagliatore doveva rispettare. Non criteri geometrici che eguagliassero le forme, bensì fattezze apparentemente irregolari, simili ma mai uguali come le venature della giada, furono prese ad emblemi delle leggi universali e delle linee preferenziali degli accadimenti nel nostro prezioso mondo.

Questa idea costituisce uno dei fondamenti del paradigma della medicina estremo orientale: tutti i fenomeni sono interrelati ed in costante trasformazione, nessun fenomeno è perfettamente uguale ad un altro e neanche a sé stesso in un tempo diverso; tuttavia esistono delle costanti nella dinamica di trasformazione di ciascuno, che possono equiparare per analogia eventi molto diversi. La comprensione di queste dinamiche – che nell’antica aritmologia venivano simboleggiate con gli ordinali da 1 a 9 o con i simboli binari dell’Yi Jing – permette di individuare delle linee preferenziali nel concatenarsi degli eventi e quindi consente una buona prevedibilità, seppure in termini di propensione e tendenza. Si avvicina alle più moderne concezioni matematiche l’idea che anche dietro forme sempre diverse e cangianti si possa celare un ordine.

Le idee guida dell’antica cosmologia cinese e del suo riflesso nell’arte medica, possono apparire esotiche ma non sono certo estranee alla nostra cultura; la cosmogonia di Anassagora non diverge da quella centrata sull’idea di Qi; l’attenzione agli aspetti individuali, climatici e ambientali della MTC appare coerente con il pensiero ippocratico; il considerare gli eccessi emotivi nell’eziologia caratterizza figure quasi mitologiche di medici coevi e lontani come Ippocrate e Bian Que…

Tutti noi conosciamo le aspre diatribe che nella Grecia antica contrapponevano idee divergenti riguardo la natura del mondo, dell’uomo e della conoscenza. Tendiamo ad ignorare invece che forti contrasti interpretativi esistettero anche in Estremo Oriente; non sono affatto popolari in occidente lo scetticismo iconoclasta con cui il Lun Heng attacca duramente le idee di ‘risonanza simpatetica’, il pragmatismo tecnocrate dei moisti – il cui capo era all’epoca di Confucio più famoso di quest’ultimo – o il materialismo dei Cârvâka indiani, contemporanei dei primi moisti, secondo i quali l’anima non era altro che una funzione del corpo materiale e l’universo aveva avuto origine dalla combinazione casuale di particelle elementari di materia.

Sembra che la selezione culturale degli elementi significativi nella storia del pensiero scientifico tenda a privelegiare gli elementi ‘olistici’ e ‘vitalistici’ dell’Estremo Oriente e quelli ‘riduzionistici’ e ‘materialistici’ dell’Occidente, che sono stati senz’altro rispettivamente preponderanti ma non certo egemonici nelle due culture. Non c’è dubbio che, nell’attuale costituzione del sapere, riduzionismo e materialismo appaiano dominanti e ‘olismo’ e ‘vitalismo’ recessivi; ciò spiega l’affanno dell’Oriente nella ricerca di una dignità scientifica da ottenere o attraverso una revisione in chiave riduzionista della propria cultura tradizionale oppure attraverso il ripudio sdegnato della medesima.

In modo paradossale sono proprio le scienze più vicine al mondo del vivente, come la biologia e la medicina, ad ergersi quali baluardi del determinismo meccanicistico-riduzionista dell’attività vitale.

Nella medicina occidentale la Scala Naturae di Aristotele è ancora presente nell’idea di un organismo ordinato gerarchicamente in linee causali: es. l’attività psicocognitiva deriva dall’attività neurofisiologica, la quale si spiega sulla base di interazioni cellulari, che a loro volta consistono in reazioni chimiche. Anche le altre attività vitali, seguendo scale diverse, arrivano allo stesso punto. Il modello biomedico si ferma più o meno qui. Scendere ancora di un gradino, nel mondo subatomico, spetta alla fisica.

Ed ecco che, indagando l’infinitamente piccolo, il paradigma cambia approssimandosi a quello estremo orientale; le rigide linee causali si sfrangiano in salti discreti, l’essere e il non-essere non sono più mutuamente esclusivi ma convivono nell’indeterminazione o probabilità di esistenza, l’atto stesso dell’osservare perde la sua distaccata neutralità e partecipa dell’evento osservato.

Il crollo del determinismo e soprattutto il nuovo primato della coscienza soggetiva, conseguente all’accertamento del ruolo attivo dell’osservatore sull’osservato, sono stati assorbiti gradualmente e solo parzialmente in campo biomedico. Anche se la Scala Naturae è stata sostituita dal modello sistemico in cui ogni parte è in relazione con l’insieme, anche se – con qualche difficoltà – si è passati dalla causalità fisico-psichica (tutti gli aspetti psichici sono riconducibili ad eventi fisici) alla reciprocità psico-somatica (es. psico-neuro-endocrinologia), tuttavia il modello teorico di fondo rimane ancor’oggi lo stesso: l’idea che ogni attività vitale possa essere ricondotta a strutture e meccanismi; rimasta intatta dagli iatrofisici del ‘600 ai moderni genetisti [62]. È mutato solo il prototipo di riferimento; dall’orologio a carica meccanica di Cartesio al computer programmato (o meglio a più computer in rete), dai mattoncini omologhi chimici ai mattoncini omologhi quantici.

Tanto gli orientalisti ortodossi quanto i fisici professionisti tendono a disprezzare il parallelo fra un generico “pensiero orientale” e la “fisica indeterministica” nata dalla critica filosofica di Bergson al positivismo; tuttavia tale parallelo vanta sostenitori illustri tanto fra i Cinesi – come Xie Huanzhang, Qian Xuesen – quanto fra gli Occidentali, come E. Schrödinger, D. Bohm, il premio Nobel Ilya Prigogine [63] e molti altri, fra i quali il più popolare ed acceso è senz’altro Fridjof Capra.

Non spetta a chi scrive stabilire la liceità di tale parallelo ma senz’altro bisogna renderne conto, poiché il fenomeno origina molto probabilmente dalla scissione del connubio di ferro fra medicina e fisica iniziato nel XVI sec., che ha portato la medicina, incapace di abdicare al determinismo, a rifugiarsi nuovamente nella biochimica e molti fisici ed epistemologi a rivalutare antichi filosofi greci o dottrine estremo-orientali, ristabilendo un rapporto con la filosofia, tenuta però a debita distanza, cronologica e/o geografica. Il terrore per la metafisica accomuna storici della scienza e ricercatori cinesi ancora memori delle persecuzioni subite da chi non aderiva perfettamente al materialismo marxista durante la Rivoluzione Culturale. Se per G. Rudolph il ritorno alla speculazione metafisica avrebbe avuto come conseguenza “la perdita di controllo degli strumenti scientifici e il decadere dell’esperimento e del pensiero razionale” [64]; i membri del CAST (China Association for Science and Technology) dernunciano lo “stato d’assedio” in cui si troverebbe la scienza mondiale a causa dell’infiltrarsi di “superstizione, quaccherismo [65] e pseudoscienza” negli studi accademici, ed esecrano il fatto che “prominenti scienziati e filosofi” capeggino “le file degli apologeti”. Il professor Wang Guozheng – membro del CAST – ha ritenuto opportuno fondare la “Società per la difesa dello spirito scientifico” per difendersi dalla “crescente influenza della pseudoscienza”[66]. Tuttavia anche fra i ricercatori impegnati nello studio del Qigong c’è molto timore a parlare di anima; Long Ming, autore di un interessante studio sui diversi modelli di coscienza, fondato sulla sperimentazione del Qigong, si perita di precisare che

Significa forse questo rimanere impantanati nella palude dell’idealismo? No perché il corpo della coscienza consiste nello stato di un movimento materiale… [67]

Resta ancora escluso dal modello dell’uomo ciò che non attiene alla macchina: il senso oltre allo scopo; in altre parole permane il rifiuto della dimensione teleologica. A. Whitehead già nel 1925 scriveva:

Se consideriamo ciò che per l’umanità rappresentano la religione e la scienza, non è esagerato dire che il corso della storia futura dipende dalle decisioni della nostra generazione riguardo i loro rapporti. [68]

Il rigetto dell’incognita ‘anima’ in una scienza che persegue certezze asettiche ed oggettive, è talmente marcato nella nostra epoca – e sovente nella rilettura epistemologica delle epoche precedenti – da spiegare forse il motivo per il quale punte avanzate dell’intellighenzia occidentale vadano a cercare così lontano elementi di pensiero (analogia micro-macrocosmica, inscindibilità di res cogita res extensa, presenza di una matrix che conforma i singoli fenomeni secondo un ordine superiore ecc.) da sempre presenti anche nella nostra cultura di ogni epoca, da Paracelso attraverso il vitalismo fino a Bergson ed oltre.

La cultura dominante si fonda sulla fede in due dogmi: quello dell’oggettività e quello del progresso. Questi due elementi sono strettamente collegati poiché entrambi si fondano sullo sviluppo della tecnologia – degli strumenti di misurazione la prima, degli strumenti di produzione il secondo – e sulla sua linearità.

Gli argomenti su cui si fonda la critica al concetto di oggettività – particolarmente sentita da esponenti della nuova fisica [69] – sono essenzialmente tre: a) per quanto oggettivi possano essere i dati strumentali altrettanto non si può dire della loro selezione e interpretazione; nelle parole di Kuhn “un elemento arbitrario, composto di accidentalità storiche e personali, è sempre presente, come elemento costitutivo, nelle convinzioni manifestate da una comunità scientifica in un dato momento” [70] b) la selezione dei dati avviene sulla base dell’assunto che si intendeva dimostrare a priori c) tra i fattori culturali che condizionano l’interpretazione dei dati, non va trascurato il riferimento ad un’ottica prevalentemente maschile di conquista e dominio, come scrive la Fox Keller [71]:

…una scienza che prometta il potere e l’esercizio del dominio sulla natura opera una selezione a favore di quegli individui per i quali potere e imperio costituiscono la preoccupazione centrale […] il bisogno di dominare la natura va visto come proiezione del bisogno di dominare altri esseri umani: scaturisce non tanto dal bisogno di potere quanto dall’ansia per l’impotenza…

Per quanto concerne il concetto di progresso è necessaria una precisazione: non si intende confutare lo sviluppo storico del sapere umano ma semplicemente affermare che ne esistono due modelli interpretativi che definiremo “progresso” ed “evoluzione”

Per ‘progresso’ si intenda l’idea di un continuo miglioramento delle condizioni di un determinato gruppo fondato essenzialmente sullo sviluppo della tecnologia, sulla competizione bellica e/o economica con altri gruppi, sul dominio e sul controllo della natura e sul perseguimento di una verità assoluta, o quantomeno astratta, appannaggio di una scienza comune a pochi ma non posseduta interamente da nessuno. Tale progresso procede per sovvertimenti di certezze – pur fondandosi su un criterio di continuità – relegando nel novero delle false nozioni tanto le idee non conformi alla linea di sviluppo prescelta, quanto le verità precedenti.

Per ‘evoluzione’ si intenda un progresso fondato sulla cooperazione, un procedere dialettico fra visioni contrapposte ma non irriducibili né mutuamente esclusive, che alterni arricchimenti e depauperamenti, rivalutazione e superamento di idee guida fondamentali, che da sempre fanno parte del patrimonio dell’umanità, favorendo al tempo stesso la creazione di nuove idee. Il moderllo evolutivo tende a prediligere idee concrete che possano entrare a far parte dell’esperienza individuale e sviluppa un’euristica mai dogmatica perché fondata sulla consapevolezza della relatività di ogni assunto.

La differenza psicologica di fondo che porta ad optare per il modello ‘esclusivo’ o per quello ‘inclusivo’ sta in un semplice fattore: se si sia disposti a convivere con l’imponderabile che si affaccia alla nostra intuizione o se invece si ritenga opportuno escludere l’intuizione ed il sentire dalla liceità dell’approccio gnoseologico, con il risultato di rinviare all’infinito il confronto con il mistero, adducendo come pretesto la rassicurante certezza nel progresso della razionalità sino ai presunti limiti dell’incommensurabile.

Note
[1] Laozi, cap. 1. Il termine ‘Ming’ è stato interpretato come verbo anche nella seconda frase (e non solo nella seconda occorrenza della prima frase) seguendo il recente commentario cinese di Sha Shaohai e Xu Zixiong basato anche sulle versioni più antiche del testo trovato negli scavi di Mawangdui: Laozi Quanshi, Guizhou 1989, Guizhou Renmin ed., pp. 1-3.
[2] Laozi cap. 40, Ibid., p. 79.
[3] Laozi cap. 2, Ibid., p. 3.
[4] Laozi cap. 42, Ibid. p. 84.
[5] Zhuangzi “Ce Yang”, Cfr. Zhuangzi Quanshi, Guizhou 1990, Guizhou Renmin ed., p.476.
[6] Yijing “Grande appendice”, cap. 4, Cfr. Zhouyi Benyi, Taibei 1986, Wu Ling ed., p.265.
[7] Ibid. Cfr. Zhouyi Benyi Zhu, Shanghai 1936, vol. IV, Shangwu Yinshuguan ed., pp.440, 441.
[8] Liezi: guzhu jinshi, Taibei, Wenjin Chubanshe 1989, p. 15.
[9] Heguanzi, cap. 11, Cfr. Daojia sixiang shigao, Hunan 1991, Hunan Shifan Daxue ed., p. 183.
[10] Per una visione critica dell’etimologia del carattere ‘Qi’ si veda G. Boschi Medicina Cinese: la radice e i fiori, Genova 19982, Erga ed., pp. 202-208.
[11] Cfr. Li Xiaoming: Fisiologia energetica, in Medicina cinese e biocibernetica, Bologna 1998, Compositori ed., p.2.
[12] Jing (essenza) in questo caso, come in altri testi coevi e come specificato da un antico commentario, sta ad indicare il Jingqi (Qi essenziale) ossia lo Yuanqi.
[13] Huainanzi, cap. 3, op. cit., p.1.
[14] Tai Ping Jing, cap. 20, Cfr. Wang Ming: Tai Ping Jing Hejiao, Pechino 1992 (1960), Zhonghua Shuju ed., pp. 12, 13.
[15] Il riferimento è alle due proprietà fondamentali dell’ologramma: il derivare da una luce ‘coerente’ (e quindi con un’unica ampiezza di fase) e soprattutto la caratteristica per cui in ogni frammento dell’’mmagine olografica si ritrova l’intera figura.
[16] Il riferimento è alla funzionalità (Zhengqi– vedi paragrafo seguente) dei cosiddetti ‘orifizi sensoriali’ cioè gli organi di senso della testa.
[17] Taipingjing cap. 19, Taipingjing Hejiao, Pechino (1960) 1992, Zhonghua Shuju ed., p.13.
[18] Huainanzi, cap. 1, Ibid. p.4.
[19] Comune è ad esempio fra i cristiani l’idea che l’uomo sia fatto “ad immagine e somiglianza di Dio“. Anche se questa concezione fu poi ribaltata in un’antropomorfizzazione della Figura Divina, che l’attuale esegesi sta sconfessando, essa era originariamente intesa a sottolineare la presenza del Principio Universale in ogni umano.
[20] Huangdi Neijing Lingshu, cap. 79, Huangdi Neijing Lingshu Jiaoshu Yushi, Tianjin 1989, Kexue Jishu ed., p.531.
[21] Lingshu, cap. 66, op. cit., p.434.
[22] Della scuola Huang Lao, che prende il nome da quelli di Laozi e Huangdi, si sapeva ben poco fino alla scoperta dei manoscritti di Mawangdui (1976). Da segnalare a riguardo lo studio di R.P. Peerenboom: Law and Morality in ancient China: The Silk Manuscripts of Huang Lao, New York 1993, Suny University Press.
[23] Queste linee vengono dette “Vecchio Yin” (Laoyin) e “Vecchio Yang” (Laoyang) e nel sistema decimale corrispondono ai numeri sei e nove.
[24] Shaoyang Shaoyin nel sistema decimale corrispondono rispettivamente a sette e otto.
[25] Neijing Lingshu, cap. 44; Cfr. Huangdi Neijing Lishu jiao zhu yu ci, Tianjin, 1989, Xinhua Shudian ed., p. 316.
[26] È considerato anche il centro.
[27] Hong Fan, Cfr. J. Legge, The Chinese Classics, vol. 3, The Shoo King, ed. or. 1865, Taibei, SMC Publishing Inc. 1991, pp. 325-326.
[28] Cfr. Geng Junying et. Al.: Practical Traditional Chinese Medicine and Pharmacology: Medicinal Herbs, Pechino, 1991, New World Press, p. 6.
[29] Neijing Suwen, cap. 66, op. cit., p. 461.
[30] Neijing Suwen, cap. 5, Cfr. Neijing Suwen Sheji, Shanghai, 1959, Kexue Jishu ed., p.40.
[31] Shou Shi Quan Zhen; Cfr. Chinese Qigong Outgoing Qi Therapy, Shandong 1992, Science and Technology press, p.50.
[32] Nella concezione cinese gli organi si identificano più con le funzioni che con le strutture anatomiche; il Sanjiao (“Triplice riscaldatore”) –uno dei sei organi Yang – esemplifica al meglio questo concetto, poiché non corrisponde a nessun substrato materiale; si identifica invece con le tre orbite funzionali del torace: cardio-respiratoria (superiore); digestiva (centrale); riproduttiva/escretiva (inferiore).
[33] Neijing Lingshu, cap. 8, op. cit., p.80.
[34] Neijing Suwen, cap. 13, op. cit., p.101.
[35] Chunqiu Fanlu, cap.77, Chunqiu Fanlu jin zhu jin shi, Taiwan, Shangwu ed. 1992, p.417.
[36] Li Xiaoming: Metodo pratico di autoelevazione col Qi Gong tradizionale cinese, Genova 1997, Erga ed.
[37] Huainanzi, cap. 4, Cfr. Huainan Honglie Ji jie, Pechino 1989, Zhonghua Shuju ed., pp. 139-141.
[38] Mengzi, cap.7/a; cfr. Si Shu Quan Shi, Guangzhou 1991, Renmin ed., p.627.
[39] Chunqiu Fanlu, op. cit., p.417.
[40] Whitehead, riferendosi ai primi tempi del sistema industriale denuncia la scissione culturale fra cose e valori lamentando “la cecità che anche gli uomini migliori di quell’epoca mostravano nei confronti dell’importanza dell’estetica nella vita di una nazione”; cfr. La Scienza e il mondo moderno, Boringhieri 1979, pp.220-221.
[41] Stephan Feuchtwang: An Anthropological Analysis of Chinese Geomancy, Vithagna ed. 1974, (ristampa Southern Material Center Taibei), p. 221.
[42] Lingshu, cap. 46, op. cit., pp.324 e 325.
[43] K. Chimin Wong e Wu Lien-Teh: History of Chinese Medicine, (ed. or. Shanghai 1932) Taibei, Southern Material Center 1985.
[44] Cfr. M. Porkert, C. Ullmann: Breaking the language barrier, in Chinese Medicine, (ed. or. Vienna 1982) New York 1988, pp.23-30.
[45] Ibid. p.34.
[46] Cfr. Keng Xi Chen, Tao Nai Huang: The evaluation of Acupuncture anesthesia must seek truth from facts, in P. Unschuld: Medicine in China, a History of Ideas, University of California Press 1985, pp.360-366.
[47] M. Porkert, C. Ullmann, op. cit., pp. 31-33.
[48] Lin Zhongpen, Zhonghua Qigongxue, Pechino 1988, Tiyu ed., p.12.
[49] Jin Shi nian lai guo nei wai Qigong Yanjiu de Dongtai, Pechino 1989, Centro di Ricerca Immunologica.
[50] I risultati furono pubblicati nel primo numero del 1978 della rivista Ziran Zazhi.
[51] Li Youfu, Dantian Jingluobo yü Nao Dianbo de Xietong Guanxi, in: “Zhonghua Qigong“, n.2, 1988.
[52] Nel Fujian è stata sperimentata l’emanazione di Qi sull’alga Heterogroea sp.. con un indice di covarianza pari a (p.<0,9). Cfr.: Chen Shijie, Qigong Waiqi dui Yijiaocao Fanzhi de Yingxiang, in: “Qigong yü kexue”, n. 1, 1991.
[53] Cfr. Liu Haitao et alii Qigong Waiqi dui Xiaomai Zhongzi a-dianfen Mei (Danbaizhi) Shengwu Hecheng de Youdao Xiaoying Chutan, Atti del Primo Congresso Internazionale di Medicina e Scienza del Qigong, Pechino, 1988, p.26. Si vedano anche gli esperimenti compiuti sulla proteasi del Bacillus subtilis sottoposta al Waiqi del maestro Liu Baogui: Wang Xianshun et alii, Qigong Waiqi dui Kucao Ganjun Jianxing Danbaimei Huoli Zuoyong, in: “Qigong yü kexue”, n. 8, 1989.
[54] Il più noto – poiché vi assistette un medico americano – fra i ripetuti esperimenti in questo senso fu quello compiuto da Feng Lida, compiuto nel 1981. Il maestro di Qigong sottoposto all’esperimento ha tenuto in mano per un minuto ciascuna 120 provette con lo stesso numero di Escherichia Coli: sulla prima non agiva, sulla seconda emetteva Qi di tipo ‘aggiuntivo’, sulla terza Qi di tipo ‘sottrattivo’ e via di seguito. Sulle quaranta provette del primo gruppo non è stata notata alcuna variazione di rilievo, sulle quaranta del secondo un incremento da sette a dieci volte del numero di batteri e una riduzione del 50% del tasso di crescita nelle quaranta del terzo gruppo. Cfr: D. Eisemberg, T. L. Wright, Encounters with Qi, 1985, Trad. it.: La Via della Medicina Cinese, Roma, Ubaldini 1986, p. 129.
[55] The second National Symposium on Acupuncture and Moxibustion and Acupuncture Anesthesia, Pechino, 7-10 agosto 1894, All China Society of Acupuncture and Moxibustion, p.79.
[56] Judith Farquahr: Knowing Practice: the Clinical Encounter of Chinese Medicine, Boulder, Westview Press 1994.
[57] Xie Huanzhang, Qigong de Kexue Jichu, Pechino, Long Yuan Chuban Gongsi 1988, p.6
[58] E. Fromm: Anatomia della distruttività umana, Milano, Mondadori 1975.
[59] Traditional Medicine and Pseudoscience in China: a report of the second Csicop delegation, part 1, in The Skeptical Enquirer, organo del CSICOP (Committee for the Scientific Investigation of Claims of the Paranormal), Luglio 1996.
[60] Cfr. E. Tiezzi: Tempi storici tempi biologici, Milano, Garzanti1984, p.54.
[61] Xie Huanzhang, op. cit., cap. 1, pp.22-25.
[62] Sull’epistemologia della genetica e sui suoi rapporti con la morfogenetica, l’embriologia e la cibernetica si segnala E. Fox Keller: Vita, scienza e Cyberscienza, Garzanti 1996, tratto dalla conferenza intitolata Rethinking the meaning of genetic determinism che la Keller tenne all’università dello Utah nel febbraio 1993.
[63] I. Prigogine e I Stengers La nuova alleanza, metamorfosi della scienza, Torino, 1981, Einaudi p.23; Tra il tempo e l’eternità Torino 1989, Boringhieri, p. 16.
[64] G. Rudolph La misurazxione e l’esperimento, in Storia del pensiero medico occidentale, Bari 1996, Laterza, p.148.
[65] Probabilmente l’allusione è alla conversione alla religione dei quaccheri di una delle più importanti filosofe del vitalismo del secolo scorso: Anne Conway. Cfr. C. Merchant La morte della natura, Garzanti 1988, pp.314-330.
[66] Traditional Medicine and Pseudoscience in China: a report of the second Csicop delegation, part 2, in The Skeptical Enquirer, Settembre 1996.
[67] Long Ming, Qigong Tansui, Jilin 1988, p.48.
[68] A Whitehead, op. cit., p.197.
[69] Cfr. ad esempio E. Schrödinger: L’immagine del mondo, Boringhieri 1987, pp.80-108;
[70] T. Kuhn: La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Einaudi 1978, p. 23.
[71] E. Fox Keller: Sule enere e la scienza, Garzanti 1987, p. 148.

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